Il degrado fisico, derivante da modifiche strutturali profonde nella composizione delle sostanze basilari del materiale archivistico e librario, deriva da tre fattori principali: la luce, il calore e l’umidità.
Questi tre elementi agiscono gradualmente e in profondità, e il loro effetto è spesso riscontrabile solo nel momento in cui provoca nel materiale uno stato degenerativo avanzato, che sovente è sintomo di una condizione irreversibile.
In questo articolo parleremo di:
L’esposizione ai raggi luminosi
Tutte le sostanze organiche di origine animale e vegetale reagiscono in maniera sostanziale all’azione della luce, spesso pervenendo anche a modificazioni della propria struttura basilare: in particolare, le fibre perdono la propria forza e la propria resistenza quando subiscono un’esposizione intensa e prolungata ai raggi ultravioletti e alle onde elettromagnetiche luminose.
Questo tipo di azione ha delle ripercussioni gravissime sui materiali documentari, che possono addirittura subire un danneggiamento profondo della loro natura basilare incorrendo in processi irreversibili.
I danni più comuni derivanti dall’esposizione di materiale documentario ai raggi luminosi sono l’indebolimento delle fibre e la modificazione della pigmentazione: l’esposizione prolungata a fonti luminose, anche non direttamente rivolte su libri e volumi, può provocare, infatti, una disidratazione delle pagine, con una conseguente perdita di resistenza agli stress meccanici, e un ingiallimento della carta, dovuta all’ossidazione delle sue componenti fondamentali e alla perdita di robustezza delle fibre di cellulosa.
Gli agenti luminosi più nocivi sono solitamente la luce solare, diretta e indiretta, e la luce artificiale ricca di raggi ultravioletti: un istituto di conservazione di materiale documentario deve essere attrezzato con dispositivi che permettano di schermare le radiazioni provenienti dall’esterno, attraverso tende e schermi UV, ma deve anche essere illuminato internamente solo ed esclusivamente tramite lampade artificiali non dannose per il materiale documentario.
L’azione della luce, anche quando schermata o prodotta da fonti di luce appropriate e povere in radiazioni ultraviolette, ha in ogni caso un ruolo sostanziale sui processi di invecchiamento dei libri e volumi, e la sua azione deve, quindi, essere limitata evitando di sottoporre i materiali da salvaguardare a un’esposizione luminosa prolungata o repentina, tentando di mantenere la luminosità del locale di conservazione il più possibile debole e costante.
Sono preferibili, quindi, come locali di conservazione di materiale archivistico, gli spazi senza aperture sull’esterno e illuminati solo all’occorrenza da dispositivi fievoli e poveri in radiazioni ultraviolette.
L’esposizione a calore e umidità
Gli altri due agenti di degrado fisico, il calore e l’umidità, provocano i danni più considerevoli quando agiscono congiuntamente e hanno un effetto profondo sullo stato di conservazione del materiale archivistico e librario.
Il deterioramento è dovuto a moltissimi fattori legati a questi due agenti e, a seconda delle condizioni in cui operano e delle caratteristiche del luogo in cui il materiale è conservato, possono provocare reazioni molto diverse con conseguenze anche notevoli sullo stato conservativo dei beni: i danni maggiori sono dovuti alla combinazione di valori molto elevati di temperatura e di umidità relativa e a fluttuazioni repentine di una o di entrambe queste grandezze.
La variabilità subitanea di un valore di temperatura o di umidità relativa, o ancora peggio di entrambi, ha conseguenze disastrose sulla conservazione di un bene documentario: basti considerare che una fluttuazione di un valore superiore a 5 gradi centigradi provoca un danno doppio rispetto a quello che si verificherebbe ad una temperatura stabile; allo stesso modo, ogni volta che i valori di umidità relativa raddoppiano, l’aspettativa di vita di un bene si dimezza.
La questione nasce prevalentemente dal fatto che il materiale documentario sia composto da sostanze di tipo igroscopico, le quali assorbono le particelle d’acqua presenti nell’ambiente in condizioni di umidità relativa elevata, e le rilasciano in condizioni di umidità relativa ridotta: per questo motivo, quando l’umidità relativa aumenta, aumenta anche il contenuto di acqua all’interno dei materiali che, a sua volta, provoca una reazione di espansione delle particelle causando dei danni meccanici e strutturali ai documenti.
Un contenuto elevato di umidità all’interno del materiale, combinato con dei valori di temperatura elevati, aumenta inoltre la probabilità di incorrere in un danneggiamento di tipo biologico, esponendo il materiale a attacchi microbiologici e fungini e a infestazioni da parte di insetti.
Inoltre, è necessario considerare che, solitamente, gli archivi contengono beni di natura molto differente tra di loro, e che ogni materiale ha delle necessità specifiche riguardo alle condizioni ambientali ottimali per la sua conservazione: per questo motivo, è praticamente impossibile riuscire a stabilire dei valori di temperatura e di umidità relativa che siano ideali per il mantenimento di tutti i materiali contenuti all’interno dell’istituto.
È necessario trovare un compromesso e individuare un intervallo di grandezze entro il quale i danni a tutte le diverse categorie di beni siano ridotti al minimo: la letteratura di settore è ricca di analisi specifiche e accurate per l’identificazione di tali valori di conservazione, che vengono riconosciuti quasi all’unanimità intorno ai 18-20 gradi centigradi di temperatura, e intorno al 45 % di umidità relativa.
All’interno di questo intervallo di valori, i danni fisici e biologici dovuti a temperatura e umidità sui materiali documentari sono ridotti al minimo.
Attenzione alle nuove acquisizioni
Un’attenzione particolare va posta alle nuove acquisizioni di volumi, libri e altri documenti da inserire all’interno delle collezioni dell’istituto: è possibile che questi materiali provengano da luoghi e strutture non specificatamente preposti alla loro conservazione e che, per questo motivo, siano già stati sottoposti a fluttuazioni o a condizioni dannose per il loro mantenimento.
È necessario quindi procedere sempre con un’analisi accurata dei beni che dovranno essere inseriti all’interno dell’istituto di conservazione, così come dei beni che sono stati temporaneamente trasportati in un altro luogo per fini di prestito o di mostre temporanee, per assicurarsi del loro stato di fatto e per potersi occupare della loro reintroduzione graduale all’interno degli spazi in cui verranno permanentemente collocati.